Parco dell’acqua, piazzale Arnaldo, l’antico porto fluviale, il circo.

Il luogo mi è caro, lì c’era il porto e non uno qualsiasi ma il terzo porto fluviale per importanza  dell’Italia Cisalpina, fu navigabile   dal I al V secolo dell’era volgare, sorgeva alla confluenza del Garza con il Naviglio Grande. Costruito a ridosso di Canton Monbello, ovvero il Monte Bello così era denominato il luogo fortificato romano che sovrintendeva sia il  porto che le importanti strade di comunicazione. Poco più avanti  a sud sorgeva il foro Boario ovvero l’area sacra e commerciale insieme, dove si teneva il mercato del bestiame.  Mentre a nord c’era il circo, tanto amato dai nostri antenati, che riempivano gli spalti fin dalle prime ore dell’alba per accaparrarsi i posti migliori, da dove ammirare la corsa dei  carri con cavalli, ovvero bighe o quadrighe. Quattro le fazioni in gara contraddistinte proprio come le squadre di oggi dai colori, i verdi, i rossi, i blu e i bianchi. Era talmente forte il tifo che un supporter fece mettere sulla sua tomba, un’iscrizione funeraria con solo queste parole:  tifoso dei blu. Cesare Ottaviano Augusto istituisce un corpo di  polizia per controllare la città quando si svolgono i ludi, questo dimostra quanto la partecipazione fosse altissima. Gli aurighi, i conduttori di bighe erano delle star, alcuni diventavano veramente ricchi e famosi tanto da avere corone d’alloro ma anche statue di marmo come fossero delle divinità. Il popolo li adorava nello stesso modo in cui oggi si celebrano i calciatori.

Tutto si svolgeva con una grande sacralità sotto l’egida delle divinità femminili: la dea celtica dei cavalli Rhiannon e la dea romana Epona.

Dell’antico circo c’è rimasto quasi tutto, la dimensione, la spina, una estremità a semicerchio, chiamata sphendone mentre la parte opposta era  leggermente obliqua, i carceres,  da dove partivano i carri.    Il lato lungo era interrotto, ancora lo è, vi si apriva un varco chiamato porta Libitinaria, serviva a fare uscire velocemente gli auriga feriti. E’ rimasto il severo Arnaldo, discepolo di  Pietro Abelardo maestro di Notre Dame,  a presidiare il luogo, testimone del libero pensiero, condannato al rogo con l’accusa del rifiuto assoluto del potere della chiesa.

Tutto questo per dirvi che presenterò il mio ultimo libro, Roma Aeterna, nel pomeriggio di  sabato 6 aprile,  alle ore 15, al parco dell’acqua, a ridosso di Piazzale Arnaldo a Brescia e ringrazio fin d’ora chi vorrà accettare il mio invito e chi mi darà una mano nel diffondere l’evento.

Ho scelto di raccontare i trent’anni che hanno cambiato per sempre il nostro mondo, protagonisti i Flavi, gente italica originaria della Sabina. Percorrendo la Storia con loro, si attraversano tutte le tappe che portano Roma alla democratizzazione e globalizzazione dell’impero. Vespasiano è il primo imperatore plebeo a salire sul trono e Traiano il primo provinciale a conquistarlo.

Lo scontro di religione è ancora embrionale ma i danni già si avvertono, Tito deve fronteggiare nell’anno ottanta  dell’era volgare un gigantesco incendio di origine dolosa, di proporzioni ancora più grandi di quello che era divampato al tempo di Nerone.  Parla ai senatori di Roma nella curia Iulia, sotto lo sguardo vigile della Vittoria Alata, che sarà distrutta per sempre nel quattrocentodue dell’era volgare, nonostante la relatio III in repetenda alla Vittoria che il senatore Simmaco  terrà a Milano facendo  arrabbiare notevolmente il vescovo Ambrogio. Ma questa è un’altra storia.

Annamaria Beretta

P.S.: il libro è disponibile su Amazon al costo di 25 euro, oppure posso, come ho già fatto, consegnarlo a mano.